Jazz che vive di contaminazioni, eppur fresco, coerente, soprattutto sincero, quello del trombettista vicentino Gianluca Carollo, che qualcuno ricorderà nella Lydian Sound Orchestra di Riccardo Brazzale. Anche quando l’elettronica, o certi effetti cari alla musica di consumo,
così come un’accentuata vena lirica (ci riferiamo a Pa We, brano d’apertura che dà il titolo all’album, ma anche ad un’Angel’s eyes dolcemente nostalgica, composte entrambe da Carollo), sembrano strizzare l’occhio all’ascoltatore, è sempre la convincente tromba del leader a prevalere ed a fugare ogni dubbio sull’autentica vena jazzistica del progetto. Gli altri membri del quartetto non stanno certo a guardare, anzi, sia per l’apporto strumentale che compositivo (tutti i nove brani sono originali), più che dei comprimari sembrano parti attive di un “progetto collettivo”. Il New Project di Carollo è infatti un vero e proprio gruppo, omogeneo ed affiatato, ma anche una sorta di laboratorio musicale, in cui ogni singolo elemento lavora sia per l’insieme che per esprimere compiutamente la propria vena creativa. Decisivo anello di congiunzione fra i voli lirici della tromba e l’incalzante tappeto ritmico fornito dalla collaudata coppia formata da Davide Pezzin e Davide Devito, è il tastierista Pietro Pastore, che firma tre delle nove composizioni, tra cui un gustoso Tango per cambiare, unico episodio acustico di un lavoro molto “elettrico”, forte di un riuscito intervento della fisarmonica di Titti Castrini (Rava e Galliano non sono poi così lontani). Ricca di suggestioni é Miss Cohen, dove una poesia scritta e letta da Vittorio Matteucci arricchisce, valorizzandolo, l’efficace tappeto musicale fornito dal quartetto. Vi sono echi etnici nell’ostinato e quasi methenyano incedere di Jungle pezz – l’altro dei due brani composto da Pezzin – e nell’esotica The window of my mind, dove Carollo suona l’ocarina, ma vi è anche struggente nostalgia, grazie al flicorno del leader, nella melodia di Mondo minore, scritta da Pastore, la cui felice vena compositiva regala al gruppo anche l’ipnotica e ritmicamente variegata Alba. Siamo quindi in presenza di un prodotto musicale non facile da etichettare, ma anche estremamente godibile, frutto del lavoro di una band che, se non si stancherà di battere sentieri rischiosi sì, ma originali e stimolanti, non tarderà ad imporsi nel pur variegato panorama jazzistico del nostro paese, come non mai ricco di giovani talenti.
Passano anche per il Veneto, in fondo, le strade di Manhattan.
Ad majora!
So much fun and joy and swing, and the instrumentation allows for some super-fresh sounds as well as some old-timey goodness. And simply great tunes too! Giles
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